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La mobilità sostenibile tra resistenze e acceleratori di un cambiamento epocale

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a cura di Lorenzo Paoli

Siamo alle porte di una trasformazione disruptive, basata sull’elettrico e nuovi modelli di business, con impatti sull’intera filiera dell’automotive

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Nel 1865 in Inghilterra veniva introdotto il «Red flag act»: Si trattava di una misura di sicurezza per controllare l’uso di autoveicoli e che definiva un limite di velocità di 6 km/h in campagna e 3 km/h in città. Inoltre stabiliva che le autovetture dovessero essere accompagnate da tre persone: un autista, un fuochista e infine un uomo con una bandiera rossa (da cui Red flag act) che doveva camminare davanti a ogni veicolo e aveva il compito di avvisare del passaggio del mezzo.

A distanza di 155 anni siamo agli albori dei veicoli con livello di automazione 5, ossia mezzi che non è più necessario guidare, né tantomeno occorre saperlo fare, in quanto è il veicolo che assume tutte le funzioni di guida monitorando l’ambiente circostante. Saremo in sostanza tutti passeggeri all’interno di un’autovettura profondamente diversa da quella attuale. La mobilità è quindi in costante evoluzione: la novità è che l’evoluzione sta accelerando e siamo ormai alle porte di un cambiamento disruptive che avrà impatti sull’intera filiera dell’auto, con un ribaltamento dei paradigmi tradizionali.

I veicoli con motore a combustione verranno via via sempre di più affiancati da veicoli elettrici, la componente software sarà sempre più centrale rispetto all’hardware ed il modello di business tradizionale, basato sul possesso, verrà affiancato da nuovi modelli di fruizione in subscription e pay per use.

I dati relativi al mercato della “e-mobility” sono ancora marginali in termini assoluti: in Europa la penetrazione di mercato delle immatricolazioni di veicoli elettrici nel primo semestre 2019 è dell’8% (in Italia il 5.5%), di cui il 5% è rappresentato dai mezzi ibridi. Ciò che è invece diverso dal passato sono i tassi di crescita (+88% le immatricolazioni dei veicoli elettrici puri rispetto al 2018) e soprattutto le prospettive per i prossimi anni che prevedono, per il comparto elettrico, una crescita esponenziale.

Le recenti stime fornite dallo «Smart Mobility Report» del Politenico di Milano per il mercato interno indicano che nel 2030 i veicoli elettrici rappresenteranno una percentuale, sul totale delle nuove immatricolazioni, che oscillerà tra il 30% ed il 65%; si tratta di una quota di mercato non più trascurabile. Siamo in sostanza alle porte di una nuova mobilità sostenibile in cui un ruolo chiave viene assunto anche dal nuovo driver, sempre più consapevole del proprio ruolo nella sostenibilità e sempre più propenso a vincere le resistenze che tutt’oggi permangono verso la piena adozione di un modello di mobilità elettrica.

Resistenze che possono essere sintetizzate in:

1) Elevato costo di acquisto iniziale.

2) Effetto «Range anxiety», legato alla infrastruttura di ricarica non ancora capillare, soprattutto per le ricariche «fast».

3) Autonomia limitata del mezzo, se paragonata a quella dei motori tradizionali.

A fronte di queste barriere sono però in atto una serie di misure/strategie che invece stanno spingendo fortemente il mercato e lasciano appunto presagire di essere ormai prossimi ad un cambiamento epocale.

Questi “acceleratori” sono sostanzialmente quattro:

1) Le strategie delle case automobilistiche.

2) Il ruolo dei legislatori.

3) Lo sviluppo del sistema di ricarica.

4) L’evoluzione del driver moderno.

Ma oggi siamo soltanto all’inizio dell’evoluzione della supply chain. Nel futuro la sfida più rilevante sarà quella della sostenibilità con la necessità di ridefinire il ciclo di vita dei prodotti. Ciò significa che i responsabili dovranno progettare un «ciclo di vita circolare» per i prodotti dell’azienda, in cui tutti (o quasi) i componenti del prodotto e dell’imballaggio saranno riciclati, cioè recuperati e riutilizzati. In questo modo si creerà valore per il cliente e per l’impresa. Al contempo la tecnologia giocherà un ruolo fondamentale per la progettazione e la gestione operativa della supply chain del futuro.

In particolare l’intelligenza artificiale, che oggi è utilizzata solo in poche aziende per prevedere la domanda dei diversi segmenti di clienti, sarà invece usata sistematicamente per automatizzare le decisioni di operatività quotidiana, prevedendo gli ordini e riducendo i costi. Altre tecnologie su cui ci creerà un vantaggio competitivo saranno quelle relative alla Augmented e Virtual Reality (realtà aumentata e virtuale) per ottimizzare il monitoraggio degli scaffali nel negozio e minimizzando i rischi di esaurimento scorte.

Queste sembrano ad oggi le tecnologie più promettenti per gli impatti che avranno sui processi logistici tuttavia siamo certi che emergeranno nuove piattaforme e nuovi strumenti che stravolgeranno ancora il mondo della supply chain. L’unica certezza è il continuo cambiamento dei confini e degli strumenti della funzione. Di conseguenza le persone all’interno della supply chain dovranno essere più specializzate e avere al contempo competenze più ampie. Ciò aumenterà la complessità della sfida, ma renderà sempre di più la supply chain una delle funzioni centrali delle aziende di tutti i settori.

Le strategie delle case automobilistiche stanno virando verso la produzione di nuovi modelli elettrici con importanti obiettivi di crescita, oltre 275 mld € investiti e 300 nuovi modelli elettrici in arrivo. I legislatori giocano un ruolo chiave con strumenti che agiscono, sia a supporto della domanda (es. ecobonus con contributi alla rottamazione fino a 6.000 €), sia a disincentivo della domanda (es. ecotassa sull’acquisto di nuovi veicoli, proporzionale alle emissioni di CO2). L’intero sistema di ricarica pubblico sta crescendo: sia in Europa, dove i punti di ricarica pubblici sono circa 180.000, sia in Italia (10.000 i punti di ricarica pubblici) dove un ruolo di traino lo stanno svolgendo le Utility.

Le abitudini di trasporto del cliente stanno cambiando con lo sviluppo di un rinnovata sensibilità verso tematiche di sostenibilità, confermate dalla rapida crescita della micro-mobilità per l’ultimo miglio (e-scooter, e-skate); il 79% degli italiani considera la mobilità la principale causa di inquinamento (media UE 63%) e 8 italiani su 10 (media UE 67%) si dicono propensi a sostituire il loro attuale mezzo di trasporto con uno meno inquinante.

Ciò che emerge è pertanto una nuova classe di driver «elettrificabili», non più desiderosa del possesso del mezzo, ma che guarda con favore modelli alternativi in subscription. Il passaggio all’elettrico comporta però anche una serie di rischi per le imprese che operano nel settore, imprese che nel nostro paese sono PMI nell’82% dei casi e danno lavoro a 260.000 addetti. Per capire i potenziali effetti/rischi sull’indotto automotive, si pensi che il 50% del costo industriale di un’auto elettrica non è presente all’interno di un’auto tradizionale endotermica; e gli effetti non si limitano alla powertrain, ma si estendono anche a carrozzeria, telaio ed interni.

Il cambiamento in atto, in sintesi, appare irreversibile, trainato dalla tecnologia ed è destinato a rivoluzionare l’intera filiera:dalla produzione alla commercializzazione e all’uso finale, con lo sviluppo di nuovi servizi e l’adozione di nuovi modelli di business basati non più sul possesso ma sulla subscription economy. La domanda non è più quando avverrà il cambiamento, ma come avverrà.

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